31 luglio 2009

Benin meno cinque - La Maison de la Joie

Pinocchietto e io siamo abituati a viaggiare soli. Così, anche se questa volta tutto è stabilito in anticipo e organizzato da Viaggi&Miraggi, il nostro gruppo è composto solo da noi due. Tuttavia le regole del turismo responsabile prevedono un incontro pre-partenza e qualche giorno fa abbiamo incrociato via Skype gli italiani che partiranno per il Benin più o meno nel nostro stesso periodo. E, soprattutto, la loro guida: Flavio. Flavio è, insieme alla moglie Thérèse, beninoise, e all'amica Justine, l'ideatore e l'anima della Maison de la Joie, il luogo dove trascorreremo la maggior parte delle nostre notti in Benin, la sua casa a Ouidah e la casa di una ventina di bambini "prestati". La tradizione beninoise di inviare i propri figli presso parenti più benestanti perché possano avere un futuro migliore si è trasformata in un commercio di bambini schiavi, così Flavio, Thérèse, Justine e i loro amici hanno liberato alcuni di questi bimbi accogliendoli nella loro casa-famiglia. Oggi alla Maison de la Joie vivono una coppia (Justine e il marito Christian), una trentina di ragazzi (compresi i figli di Christian e Justin) e cinque signore che lavorano nel ristorantino aperto dalla Maison. La casa si mantiene con contributi privati, adozioni a distanza e con i proventi dei viaggi di turismo responsabile.
Dal computer esce la voce di Flavio e già mi piace. Intanto è bella e io sono sempre stata sensibile ai bei timbri. Poi il ragazzo (l'uomo, piuttosto, siamo coetanei) è dannatamente simpatico. Racconta un sacco di cose: di sé, della Maison, del Benin, fornisce informazioni pratiche, regala una manciata di sogni, spazza il campo dalle illusioni (per esempio: voi siete bianchi, dunque portafogli ambulanti agli occhi dei beninois). Dice che è un viaggio tosto, poi che il Benin ha una popolazione di 7-11 milioni di abitanti (i dati ufficiali sono restati a sette milioni e mezzo), il 40% dei quali ha meno di 14 anni. Parla del cibo e sostiene che la cucina beninoise è la migliore dell'Africa occidentale (l'igname la fa da padrone). Parla più pudicamente di Thérèse, del battesimo di sua figlia: si dispiace perché Pinocchietto e io non potremo assistervi, la piccola sarà battezzata il 15 agosto e noi quel giorno saremo lontani da Ouidah, nel nord del paese, a visitare le Tata Somba, sorta di fortini-castello in argilla e paglia (Flavio mi pare abbia detto anche sterco, il che è verosimile, ma nessuna delle tre guide che ho consultato ne fa menzione. Potrebbe essere una forma di autocensura da pudore: agli occidentali l'idea non può che far ribrezzo). Il 14 dormiremo all'interno di una Tata Somba e, secondo Flavio, è un'esperienza bellissima. Poi ve la racconto.



(nelle immagini, dall'alto: la Maison de la Joie a Ouidah e una Tata Somba)

16 luglio 2009

Africa Blues

Aspettando il Benin

Sembra facile fare i compiti. Ho riletto "Il viceré di Ouidah", sto leggendo una raccolta di favole del Benin, ho sfogliato la guida, guardato e riguardato il programma. Ah, già, devo fare le vaccinazioni e, soprattutto, avere il visto.
Il visto si fa facile, domanda con foto, passaporto, copia del biglietto aereo di ritorno e 35 euro. Consegni di mattina e due giorni dopo, nel pomeriggio, ritiri.
Alle vaccinazioni ci penseremo la settimana prossima. Intanto, ieri sono andata a rifilare i passaporti al Consolato del Benin e sono stata letteralmente assalita dai luoghi comuni: non so come sono riusciti a concentrarsi in un'ora in una sola stanza e sono riusciti a sopraffarmi.
Al mio ingresso nell'ufficio ci sono già una quindicina di persone sedute, tra questi tre bianchi e il resto neri. Ancora non sono penetrata nella stanza che vengo accolta da un "Buongiorno" collettivo e cantante, condito da sorrisi a piena bocca. Nei tre quarti d'ora in cui resto in attesa, varie persone vanno e vengono, molti si conoscono, tutti si salutano. Luogo comune numero uno: la dolcezza.
In tre aiutiamo una signora a fare fotocopie: la macchina è normalissima, ma l'uso è reso complicato dalla distanza tra la macchina stessa e la cassetta in cui vanno infilate le monete destinate ad attivare la fotocopiatrice nonché dai pulsanti che contravvengono l'iconografia implicitamente nota a tutti coloro che hanno più o meno sovente a che fare con apparecchi del genere. Comunque, in quattro se ne viene a capo e la signora regala ringraziamenti e sorrisi strappacuore. Luogo comune numero due: in Africa "perché far semplice quando si può far complicato" è un manifesto di fede.
Arriva il mio turno e mi reco allo sportello dietro il quale ci sono due uomini: uno lavora e uno non so, sta seduto alle spalle del primo, non parla, non ha in mano nulla, non legge. Apparentemente sta seduto e basta. Probabilmente è un amico, un fratello, un cugino dell'impiegato. Chissà. Dico "Buongiorno". Nessuna risposta. Cinguetto che sono qui per presentare due richieste di visto. Il signore che mi sta di fronte grugnisce di infilare tutto nei rispettivi passaporti. Obbedisco e faccio scivolare il malloppetto sotto il vetro. Una delle richieste cade sulla scrivania. Il signore rigrugnisce. Scrive qualche numero sulle domande, compila un tagliando e mi restituisce tutto quanto, intimandomi di andare alla cassa. Il mio "merci, au revoir" non trova nessun'eco.
Mi presento al secondo e ultimo sportello, detto anche cassa, e ri-cinguetto un buongiorno. La signora dietro il vetro è estremamente infastidita dalla mia presenza, impegnatissima a digitare furiosamente una serie di numeri su una calcolatrice. Ha comunque la buona creanza di scusarsi e dirmi che è occupata ma che tra poco si prenderà cura di me. Un minuto dopo alza gli occhi verso la sottoscritta e fa' un cenno con il mento. Faccio scivolare passaporti, domande, biglietti e tagliandino verso di lei. Borbotta qualcosa e io credo di capire che mi chiede del tagliando. Le dico che è nel primo passaporto. Quasi si incazza: "Le ho chiesto: dove sono i soldi?". Le allungo i 70 euro senza fiatare. Ricevo il tagliando indietro e nessuna risposta al "Merci, au revoir". Ed ecco il luogo comune numero tre: dietro uno sportello il dolcissimo beninois diventa arrogante e sgarbato.
Eppure non può essere vero. Devo certamente aver sbagliato qualcosa.
Licence Creative Commons
Ce(tte) œuvre est mise à disposition selon les termes de la Licence Creative Commons Attribution - Pas d’Utilisation Commerciale - Pas de Modification 3.0 non transposé. Paperblog