23 gennaio 2007

14 agosto 2006 - Camagüey-Holguin: que viva la medicina cubana


Sesto giorno a Cuba. Impressioni forti, ma ancora confuse. Il tratto in auto tra Camagüey e Holguin ci regala, comunque, uno degli incontri più interessanti dell’intero viaggio: quello con l’autostoppista infermiera. La ragazza è la prima persona alla quale diamo un passaggio che, oltre ad avere cose da raccontare, ha anche una gran voglia di parlare con noi. Ha 22 anni e un figlio di sei mesi, avuto da un 54enne, ed è in congedo maternità pagato per un anno. Lavora come paramedico e guadagna 500 pesos cubani (circa 20 convertibles) al mese. È molto fidelista, dice che a Cuba tutto funziona, soprattutto sotto il profilo sanitario: ci sono le strutture e i mezzi. Anche se dove vive lei una sala parto non c’è e le donne devono andare fino a Camagüey per partorire.
L’unico problema di Cuba, a suo dire, sono i prezzi di abiti e scarpe: altissimi. Scopriremo poi che è una delle lamentele principali dei cubani con i turisti: la litania si ripete quasi a ogni incontro. Quasi. Probabilmente ne parlano solo quelli che sperano di ricevere in regalo, se non sandali, almeno una T-shirt. Un paio di scarpe, in effetti, costa 20 dollari, vale a dire all’incirca lo stipendio di un mese dell’infermierina. Lo Stato, a suo avviso, dà molto, ma certo non soldi. A dire il vero non sembra granché soddisfatta della quantità di latte fornita ai bambini di un anno (e fino al compimento del settimo): un litro al giorno. Che, a me, non sembra affatto male, ma, si sa, non ho figli, dunque, forse, non so valutare. A meno che non ci si sia capite, il che è sempre possibile. La solita Lonely Planet, che mi sono bell’e stufata di citare, parla, per esempio, di una scatola di latte in polvere, ma dimentica di specificare ogni quanto venga fornita (una volta al mese?) e quanto sia grande. A occhio, il mio naturalmente, questo mi sembra poco. Saranno aumentate le dosi? Attendo lumi da eventuali lettori.
La ragazza, comunque, sembra molto positiva. Sarà che adora il suo lavoro. Vorrebbe pure andare in missione all’estero e conta di avere il permesso per farlo. Non è una speranza vana, visto che il paese dove la nostra amica ha chiesto di andare è il Venezuela. E, si sa, il presidente Hugo e il comandante Fidel sono in ottimi rapporti. Dunque la bella si sente già in partenza. Per ora l’unico luogo che lascia è la nostra auto. E confesso che quando la giovane infermiera arriva a destinazione si insinua nell’abitacolo un piccolo vuoto. Da riempire con il prossimo incontro.


(nella foto: la farmacia-museo Taquechel a La Habana Vieja, calle Obispo, XVIII secolo)

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