30 marzo 2009

13 ottobre 2004 - Shanghai forever

Oggi programma ambizioso: Exposition Center, Shanghai Museum e biennale al Shanghai Art Museum. In più mi tocca la ricerca di almeno una guest house carina nonché di un ristorante che possa segnalare nel mio pezzo.
Se avanza tempo, poi, mi piacerebbe tornare da Shanghai Tang. Peccato che usciamo tardissimo. Il ritmo zen ci è ormai entrato nella pelle.
Così, una volta terminato il giro all’Exhibition Center con la maquette della Shanghai del futuro, piuttosto deludente, è l’una passata. Consultati appunti e guida, decidiamo di vedere se il ristorante di cui ci ha parlato un’amica che è stata qui non tanto tempo fa, Alessandra, è a portata di piedi. Impieghiamo una mezz'oretta per orientarci attorno a People’s Square e alle due vie Nanjing, Nanjing Dong Lu e Nanjing Xi Lu (dove dong sta per est e xi per ovest), visto che Ale non ha segnalato di quale delle due si tratti. Una volta ritrovata la bussola, ci incamminiamo per Nanjing Xilu, una delle vie del commercio di lusso a Shanghai e veniamo attratti da due viette dall'aspetto singolare (la Wujiang Lu e la QingHai Road Beer Street, come scopriremo più tardi), ma, fedeli alla linea e, soprattutto, allo stomaco vuoto, proseguiamo verso la nostra meta. Il ristorante di Ale, in una corte interna, promette meraviglie. Ha un solo difetto: apre alle cinque del pomeriggio. E chiude, come la stragrande maggioranza dei ristoranti di Shanghai, alle 10 di sera. Quindi siamo costretti ad arrangiarci altrove.
On the way back un orologio da strada mi folgora: sono le 4 e 20 e qui tutti i musei chiudono attorno alle 5. Tanto vale che visitiamo le due viuzze e cerchiamo, alla svelta, un albergo da segnalare. Con la solita fortuna, laturistasmarrita scopre che uno degli indirizzi in programma è assolutamente a portata di piedi. La Villa, tra l’altro, pur non essendo particolarmente economica, valeva l’aller-retour al quale ci siamo sottoposti.
Comincio a essere stanca, ma mancano ancora le due viuzze e mi dico che, forse, il metro possiamo riuscire a prenderlo una fermata prima di People’s Square. Ma non prima di aver dato un'occhiata ai promettenti vicoli individuati qualche ora fa. Wujiang Lu, la via gastronomica, è una scoperta che merita. Qui si vende e si prepara cibo senza soluzione di continuità: un locale via l’altro; raramente ci si può sedere ma lo spettacolo è quello di una vera festa culinaria. C’è chi fa ravioli in serie, chi cuoce spiedini di calamari e chi ci propone la versione shanghaiese del pizzaiolo napoletano. Il tizio in questione rotea la palla di pasta fino a quando diventa un enorme disco sottilissimo, poi lo posa e rompe un uovo al centro. I suoi movimenti sembrano parte di un rituale: spennella l’uovo per spargerlo uniformemente sulla superficie, dissemina una manciata di erbe e ripiega i lembi verso il centro per chiudere il tutto. Poi passa il preparato a un altro uomo, che si occupa della cottura su piastra. Questa specie di focaccia cinese ha l’aria squisita ma sono troppo piena per tentare di assaggiarla. L’altra via è di gran lunga meno interessante, una brutta copia, fasulla e più lussuosa, della Wujiang Lu.
Nel frattempo il mio amore e io ci vediamo costretti a constatare che il tempo a Shanghai sembra andare più rapidamente che altrove. Il mio programma prevederebbe rientro in albergo, aperitivo al M’ on the Bund e cena con Angel, Véro, Arnaud e la fidanzata tedesca, Inès. Ottimismo ridondante: quando raggiungiamo l’hotel sono già le 7 e 20. L’aperitivo salta in automatico anche perché l’appuntamento al ristorante con il gruppo è per le 8.30. Amen, tanto il momento clou è previsto per il dopo cena: sosta al bar più alto del mondo, il Cloud 9, all’87° piano della Jin Mao Tower. Per raggiungere il locale tra le nuvole ci vogliono due ascensori, il primo porta fino al 54° piano, il secondo alla meta. Scovo un cocktail azzurro cielo (scelta niente affatto casuale) pas mal: il Cerulean (vodka, Martini dry, blue curaçao; ovviamente anche il nome non è affatto casuale). La vista sulla città scintillante toglie il respiro e dà persino un po’ alla testa. O che sia l’altitudine?



(dida: A Shanghai ravioli in serie)

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