27 marzo 2009

12 ottobre 2004 - Sempre Shanghai

Nebbia. Quando mi sveglio, alle 8 e 30, pratica- mente non si vede il parco di fronte all’albergo. Sarà per questo che la giornata procede con un ritmo zen. Per cominciare esco dall’hotel attorno alle 10 e mezza. Poi il taxista ha qualche problema a riconoscere quale sia esattamente la via dove abita Arnaud, tanto che, a un certo punto, spegne il tassametro. Così, quando, dopo qualche ingorgo e innumerevoli deviazioni, arriviamo a destinazione, mi chiede il biglietto su cui all’albergo mi hanno scritto l’indirizzo di Arnaud in cinese e lo corregge. Una perla.
Alle 11 e 35 sbarco dalle ragazze. Il tizio dei massaggi apre bottega a mezzogiorno, nel frattempo si potrebbe fare un salto al mercato dove potrei sempre cercare una borsa come quella di Véro, che, in fondo, non è niente male, e gli orologi con Mao, ma alla fine sembra che non sia il caso e anche il massaggio passa oltre. Perciò ci dirigiamo all’Antique Market.
A destinazione ci sono una serie di negozi-pagoda governativi e un incrocio di viuzze infestate da piccole botteghe. Ma l’avvenimento della mattinata è la visita alla più grande farmacia tradizionale di Shanghai. Angél ha diritto alla prima dimostrazione con una sorta di placche massaggiatrici elettriche. Ma non è convinta. Quasi tutte le commesse sono donne, forse tutte, vedo solo un uomo dietro un bancone. Ma, a quanto ci spiegherà poi la ragazza delle erbe, quello è il bancone dei medici. In ogni caso ciascuna cerca di attirarci verso il suo microreparto. Una rossa, che propone creme antirughe miracolose, conquista la nostra Angél e ci richiama verso il suo stand. Che, tra l’altro, è il più bello: un angolino proprio dietro una specie di altare eretto a un grande della medicina tradizionale cinese. Angelina compra di tutto: gelsomino, boccioli di rosa, ginseng e non so più cos’altro. Le scatoline in cui mettono i prodotti sono bellissime e le ragazze delle erbe molto, molto gentili. Ci invitano a sedere e ci offrono un tè. È davvero un’esperienza: in sostanza assistiamo a una vera e propria cerimonia. La ragazza con i capelli neri, che non parla inglese, dispone davanti a sé in fila cinque tazzine, tipo quelle che noi, in Occidente, usiamo per bere il saké, e, allineata immediatamente dietro, una fila di cinque bicchierini di volume equivalente. Poi versa l’acqua calda nella tazza cinese dimensione tazza da tè occidentale, che già contiene il tè e il gelsomino. Preme tutta l’infusione con un piattino e, tenendo quest’ultimo ben fermo perché le foglie non escano, versa un poco di tè in una microtazzina e un altro poco nel primo dei microbicchieri.Subito dopo comincia a travasare il tè dalla prima alla seconda tazzina, dalla seconda alla terza e così via fino all’ultima. Ripete la stessa operazione con i bicchierini. Riprende in mano l’ultima tazzina e ne versa nuovamente il contenuto nella prima. Vi immerge i bordi della seconda e compie l’operazione tutte le volte che è necessario per sciacquare al meglio le ciotoline. Butta il poco tè rimasto e replica il tutto con i bicchierini. Poi butta anche l’infusione della tazza grande. A questo punto versa nuovamente l’acqua bollente nella tazza con il tè e, dopo aver manovrato un po’ il piattino che la copre premendo gelsomino e tè, versa l’infuso nelle cinque tazzine e poi da ogni tazzina nel corrispondente bicchierino. Infine mette il bicchierino capovolto nella tazzina e distribuisce le tazzine con quel curioso cappellino, che ognuna di noi provvede a sfilare.
Così, dopo la farmacia, il mercato degli antiquari pare sciapo. Comunque riesco a comprarmi i tre orologi di Mao che volevo. Poi ci dirigiamo verso la bellissima casa da tè Huxinting, la più vecchia di Shanghai, e lo Yu Garden. La visita del giardino a prima vista sembra quasi altrettanto insulsa di quella del tempio dove siamo state questa mattina, ma in effetti è solo colpa dei troppi turisti. Quando riusciamo a scovare un angolo tranquillo finiamo per trovare il giardino bellissimo.
Per rientrare, stupidamente, decido di prendere un taxi, scordandomi del traffico. Morale: per coprire il tragitto dalla città vecchia all’albergo, che sarà questione di pochi chilometri, ci vuole parecchio più di un’ora. Quando arrivo in hotel trovo Carlito che non sta più nella pelle: oggi ha conosciuto il brivido della Formula Uno e pazienza se invece che una Ferrari ha guidato una Peugeot equipaggiata con motore a gas. Il circuito, lo stesso della F1, è straordinario, il pilota che li ha portati in giro si è divertito a fare lo spericolato e, dulcis in fundo, Carlito in persona ha potuto guidare la macchina.
A sera, dopo cena, una nuova Shanghai Surprise ci attende: all’angolo tra Henan Lu e Renmin Lu ogni sera si balla. Così mi trovo a pensare che è sempre quando mi distraggo che scopro le cose più belle: dall’aquilone alla cerimonia del tè a questo straordinario cha-cha-cha su Henan Road.



(nella foto: la nebbia avvolge Pudong e la torre della televisione)

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