
Prima di arrivare ad Abomey (“è un po’ lo spartiacque nord-sud” Flavio dixit), ci fermiamo ad Agongointo. È una sorta di villaggio sotterraneo, scoperto nel 1998, nella cui area si aprono 56 rifugi. In effetti gli abomeyani si nascondevano qua sotto all’arrivo dei nemici, li attiravano in trappola nel salone centrale del rifugio oppure li lasciavano passare sopra le loro teste e li sorprendevano poi alle spalle. Pare che nella regione di Abomey ci siano circa 1500 rifugi come questi. Quelli di Agongointo risalgono al XVIII secolo.
Ovunque, attorno, la terra è rossa, magnifica. Abomey, a prima vista, mi piace un sacco, Carlito non capisce perché. Non saprei dirlo, saranno le case basse, la terra rossa, l’indolenza. In ogni caso, Chez Monique, punto di approdo per il pranzo nonché per la notte, ha un magnifico giardino tropicale con vari gazebo sparsi, sculture in legno e animali in carne e ossa, ed è un piacere trascorrervi un po’ di tempo. Un po’ troppo tempo, a dire il vero: Roland, il nostro accompagnatore-guida, e Ibe sono sempre dispersi. Sono le tre passate e non ce n’è traccia. Alla fine giungono un po’ affannati: la ruota posteriore sinistra, che Ibe ha cambiato ieri, ha ancora dei problemi e tanto l’autista che Roland hanno passato un mucchio di tempo dal meccanico.
Si parte comunque alla volta del museo di storia di Abomey, che ha sede nel palazzo reale dei re Ghézo (1818-1858) e Gléle (1858-1889), di cui si dice avesse 4000 mogli, padre di Behanzin il resistente, il re sconfitto dai francesi che nel 1893 diede fuoco ai palazzi. Quel che resta dei 40 ettari di regge successivamente accumulatesi nell’area, tra qualche reperto, come il trono di Ghézo che poggia su quattro crani umani (c’è anche uno scacciamosche pure più macabro, fatto con un cranio e una mandibola di un nemico e la coda del cavallo dello stesso), l’arazzo che racconta parte della storia del regno del Dahomey e i bassorilievi, è senza dubbio il monumento più bello e interessante tra quelli che abbiamo visto finora. È un’ulteriore conferma: Abomey è una figata. L’Unesco è d’accordo con me: il palazzo in questione è l’unico sito in tutto il Benin che è entrato nella lista protetta del Patrimonio dell’Umanità. Peccato che le guide, due ragazze, due vere fighe, siano un po’ frettolose. Fosse stato per loro i bassorilievi manco li avremmo visti, ma virginie non perdona, si sa.

(nelle foto: una maschera nel giardino di Chez Monique, ad Abomey; nel palazzo di Dakodonou)
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