09 marzo 2007

14 agosto 2006 - Nuestra señora Floriselda de Holguin


Per Holguin mi sono preparata. In questi primi otto giorni a Cuba ho maturato la convinzione, alquanto balzana e non precisamente fondata, che la GéoGuide che mi porto appresso sia meglio della Lonely per la scelta di casas particulares e luoghi dove mangiare (ma, accidenti a me, ora che rifletto, possibile che mi sia già scordata che la Fabrica de Tabacos consigliata per andare a vedere la fabbricazione dei sigari, era chiusa da anni? Svariati anni. E la guida è datata 2006, ça va sans dire). Dunque, sulla base della GéoGuide ho una meta precisa: Villa Flori.
Tra cuadras, arriba e abajo ci mettiamo un mucchio di tempo a trovare Villa Flori. Anche perché non è che sia proprio in centro. Stanchi, felici e arditi suoniamo a una porta che appare chiusa chiusa. Sentiamo l’eco del campanello nella casa e aspettiamo. Nessun altro suono. Io, timida, refrattaria e codarda come sono, me ne andrei. Ma, per fortuna, il mio uomo è SuperPinocchietto. E lui, sicuro, risuona.
È un quasi niente, un lontano fruscio, forse. Poi un rumore appena più intenso. E passi felpati che scendono scale. In un effluvio odoroso si materializza Flori, Floriselda Concepcion H., come dice il suo biglietto da visita.
“Scusate, stavo facendo il bagno”. Ci fa entrare, accomodare in poltrona e dice che, purtroppo, le sue due camere sono già affittate. Mi chiama “mi amor” e quando sente che siamo italiani si illumina d’immenso. Prosegue spiegandoci che una sua amica ha certamente una stanza per noi. Le telefona ed è fatta. Poi aggiunge: “la prima persona cui ho affittato una camera è stato un ragazzo italiano. E ora è mio genero”. Racconta che è stata in Europa. A Praga, per esempio, ma non in Italia. Anche se “mi invitano sempre e potrei andarci quando voglio. Ma non mi piace viaggiare”. Dice che è in pensione ma ha fatto per tutta la vita l’infermiera. E in qualità di infermiera è andata in Angola, ai tempi della guerra di liberazione (Mpla, qualcuno ricorda?). Al di là delle ragioni politiche dell’appoggio all’Angola, i medici cubani impegnati in operazioni umanitarie in giro per il mondo erano 25 mila nel 2006. Un po’ come se fosse la più grande pseudo-Emergency del pianeta. Con iniziative come l’Operacion Milagro (sì, sì, Operazione Miracolo): un programma cubano-venezuelano che offre assistenza oftalmica e interventi chirurgici gratuiti agli occhi ai più poveri tra i boliviani (Nei primi sei mesi del 2006 1.240 medici e infermieri cubani sono andati in Bolivia per partecipare alle “Brigate di attenzione gratuita” attive nelle zone rurali. Stando alle cifre del ministero della Sanità di La Paz, negli ultimi mesi i medici cubani avrebbero curato circa 600 mila boliviani, il 6,6% della popolazione. I primi medici cubani sono arrivati in Bolivia a gennaio, per soccorrere le migliaia di persone danneggiate da un’alluvione).
Nel frattempo è arrivato il marito di Tamara, da cui dormiremo questa notte. Così Flori ci chiede dove abbiamo intenzione di andare dopo aver visitato Holguin e, saputo che la meta è Baracoa, ci organizza il viaggio: “fate così, fermatevi una notte a Playa Guardalavaca, che è magnifica, e poi diretti a Baracoa. Ah Baracoa, bellissima, a mi me encanta. E a Baracoa andate da Eugenio, ora lo chiamo”. Detto fatto, siamo già quasi proiettati a casa di Eugenio. Poi Flori evapora in una nuvola di borotalco.


(nella foto: il patio del Salon 1720, bar-ristorante di Holguin)

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