Piccolo spazio pubblicità: i manifesti per la prevenzione dell’Aids sono ben presenti su tutta l’arteria costiera. Idem dicasi per la pubblicità ai preservativi (compresi quelli al gusto di banana), ma in Togo spiccano anche i cartello del Psi. Il primo è ottimo: “Parlons de la sexualité à nos enfants pour une vie épanouie et responsable”. Il secondo a me pare pessimo: “Je suis jeune pour le sexe. L’abstinence c’est mon choix”; i due giovani ritratti mostrano un palmo ciascuno sul quale sta scritto “C’est ma vie”. Mi sembra, ma magari sbaglio, voler ficcare a tutti i costi la testa sotto la sabbia: che vuol dire predicare l’astinenza in un paese (perché dubito che il Togo sia diverso dal Benin, in questo) in cui è normale avere rapporti sessuali a 16 anni e anche prima ed è frequente ritrovarsi incinte a 17? Mi consolo con una pubblicità, in Togo, riservata alle Nana Benz, che mi fa morir dal ridere (per capirci: nana in francese sta per ragazza e le Mama Benz sono le matrone che si muovono in Mercedes ostentando il loro grano).
Abbandonando gli spot e tornando un passo indietro, confesso che alla frontiera i togolesi sembrano parecchio più arroganti e molto, molto meno simpatici dei beninois. Poi va a sapere. In fondo noi il loro paese lo scaghiamo, manco ci fermiamo una notte a dormire, mentre in Benin possediamo pure un indirizzo: forse sono solo offesi.
La prima tappa mi sorprende perché me ne ero completa- mente scor- data: la Maison des esclaves ad Agbodrafo, in effetti la casa dei negrieri. Anche qui è passato l’Unesco e ha benedetto ma non resta granché da vedere: una casupola sgarrupata, un pavimento in legno d’epoca tarlato e semi-pericolante, un tavolo e un paio di madie vecchie, brutte, mal conservate e un po’ insulse. La cosa più interessante è quella dolorosa: la cantina dove mettevano gli schiavi. L’ingresso è un arco bassissimo che si apre nel muro esterno della casa: per entrarvi i prigionieri dovevano mettersi a quattro zampe. Dopodiché non avevano alcuna possibilità di rialzarsi: la cantina è alta 1,25 m e uomini e donne potevano al massimo restare seduti. Il cicerone togolese a questo punto apre una botola che si trova accanto al tavolo della sala da pranzo e ci mostra la cantina-camera oscura nella quale gli schiavi trascorrevano il consueto mesetto ad abituarsi al buio e alla posizione supina prima di essere imbarcati sulle navi che li avrebbero portati in America.
Poi si riparte per Lomé. Costeg- giamo la bella spiaggia di Aneho sulla quale più tardi (è domenica) i togolesi picnicheranno e per via scopriamo di essere “pedinati”: dall’auto che ci segue sbucano i tre cooperanti della Maison de la Joie che abbiamo conosciuto ieri sera, Erika, Fla e Simona. Si prosegue perciò insieme alla volta del mercato dei feticci (“la farmacia tradizionale”, come la chiama il signore che ci mostra teste, corna e pelli varie), che, tutto sommato, puzza e fa un po’ schifo. La guida, però, è un mostro di eloquenza e, visto che anche quella della casa degli schiavi era piuttosto dotata, mi trovo a pensare che i togolesi abbiano probabilmente scuole migliori dei beninois. Magari è un caso, ma l’impressione trova una sorta di conferma nei dati Unicef 2000-2007 relativi ai due paesi: in Togo il tasso di alfabetizzazione tra gli adulti è del 53%, in Benin del 41%. Quanto al tasso di frequenza delle scuole elementari è dell’80% in Togo e del 67% in Benin.
L’incontro con il féticheur, in ogni caso, è la sòla che ci si può aspettare, ma visto che un gri-gri (ossia un amuleto), sia pure semi-fasullo, lo voglio a tutti i costi, un po’ gli dò retta, mi faccio fregare il minimo indispensabile e ricevo in cambio benedizione, gri-gri e biglietto da visita del mastro-féticheur.
Il resto di Lomé, che dorme sotto una domenica qualsiasi e ci accoglie con mercati e negozi chiusi, lo sbirciamo solo dalla macchina, ma basta per rendersi conto di quanto sia grande il porto. Qui noto la presenza della Grimaldi Togo, ma rientrando in Benin mi accorgo che esiste pure la Grimaldi Benin.
(nelle foto: parrucchiere on the road; l'ingresso della cantina della Maison des Esclaves ad Abdografo; il mercato dei feticci a Lomé)
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