25 settembre 2009

17 agosto - Verso Ouidah. A volte ritornano

Au revoir, maman, soeur et nièce de Justine. Et mille fois merci pour votre accueil, votre hospitalité et votre excellente cuisine, on pensera à vous de temps en temps pendant les longues soirées d’hiver. Au revoir. Ou, peut-être, adieu.
Si parte. Sulla strada, come sempre, in prossimità di villaggi e città, dispositivi per far rallentare le auto (quanto mai opportuni visto che, come forse ho già scritto, almeno nella nostra Peugeot, l’indicatore di velocità, proprio come quello della benzina, non funziona): pneumatici e carabattole occupano metà della carreggiata prima a destra, poi a sinistra, infine di nuovo a destra, obbligando le auto a un lento zig-zag. Altrove, per esempio nelle vicinanze della mairie di Bassila, è una corda tesa da un lato all’altro della strada che un omino cala al suolo al suono del clacson delle auto che si avvicinano.
Sosta pranzo a Dassa-Zoumé (cellulare sempre incapace di ricevere). Mentre pranziamo arriva un gruppo di italiani. Volontari o cooperanti, resta che hanno mezzi ben più potenti di Flavio & co.: all’esterno li attendono tre jeepponi nuovi fiammanti con tanto di targa in arancio su verde “ONG”. Poi il rientro subisce una deviazione causa mio capriccio: voglio tornare ad Abomey a comprare le maschere stile Romuald Hazoumé (di cui avevo scritto qualcosa, poco e male, qui). Quando deviamo sono pentita: non mi ero accorta che Roland stesse male, penso abbia un attacco di malaria anche se lui, appena il giorno dopo, giura di non averla mai avuta in vita sua. Uscendo dall’albergo dopo l’acquisto, un revenant vestito di rosso e verde (tanto che nella mia ingenua interpretazione l’avevo preso per un uomo travestito da pappagallo) recita strane litanie agitando quelle che sembrano due minuscole accette arrugginite sotto il naso del nostro autista. Ibe dice di non capirlo, al che interviene l’accompagnatore dello pseudo-zombie vudù e Roland allunga al morto rosso-verde una moneta. Ma il nostro non è ancora contento e ricomincia il suo maneggio all’indirizzo di Carlito che sgancia una seconda moneta. L’esoso che ritorna, senza cambiare lato della macchina, si indirizza a me, ma, a questo punto, Ibe inganna la retro e ce ne andiamo.
Una decina di chilometri a sud di Allada, proseguendo verso Cotonou, il commercio quasi onnipresente ai lati delle strade del Benin, che raggiunge la massima concentrazione attorno ai centri abitati (per quanto microscopici siano i villaggi), si fa improvvisamente parecchio bizzarro. Le due merci più diffuse sono infatti le casse da morto e quelli che sembrano essere paletti stradali, lunghi parallelepipedi stretti e bianchi che terminano con una piramidina rosso accesa in punta. Chi mai li comprerà?
Durante la notte i revenants ritornano anche attorno alla Maison de la Joie: tamburi, canti, danze e musica fino a tardi; ci dicono fino all’alba.



(nella foto: un momento della lavorazione del burro di karité)

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