Sorellina, nipotina e cognato sono partiti appena in tempo. Hanno lasciato Katmandu e, il giorno dopo, la rivolta era su tutte le bocche. Ci sono voluti una ventina di morti in piazza, ma, improvvisamente, tutto il mondo occidentale si è accorto del Nepal. Sta esplodendo e, per quanto riguarda me, l’evento era atteso da mesi. Quello che sta accadendo ora sarebbe potuto accadere a gennaio. O a febbraio. L’importante è che accada. Negli ultimi tre-quattro giorni persino il “Corriere” e “La Repubblica” hanno ficcato il Nepal in prima pagina. Pazienza se qualche articolo era infarcito di fregnacce e ha chiaramente dimostrato che di Nepal parecchi di quelli che ne stanno scrivendo sentono parlare per la prima volta; pazienza, ripeto, i bravi colleghi imparano in fretta. E oggi qualcuno cerca di capire.
Prachanda, il leader dei maoisti, l’ha dichiarato nell'ultimo discorso: non ci sono che due soluzioni, o la famiglia reale va in esilio o zac. L’Alleanza democratica non lo dice; reclama, comunque, un’assemblea costituente. Il sottinteso è il passaggio dalla monarchia alla repubblica e allora bye bye Gyanendra Shah e bye bye a tutti gli Shah. I nepalesi non credono più che il re sia una divinità; non questo re, almeno.
I nepalesi di Parigi, ma sono pochi, pochissimi, appena un migliaio in tutta la Francia, trattengono il fiato, pieni di speranza. In giorni come questi il futuro sembra comunque rosa. Io incrocio le dita e sogno che il Nepal sappia offrire al mondo la migliore delle lezioni e non conceda spazi alla crudeltà.
(nella foto: arancio a Durbar Square, Katmandu)
1 commento:
mi vergogno della mia ignoranza, e del mio involontario e saltuario precipitare nel disinteresse per la politica...brava. baci cara. bonav.
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