
Il che regala spazio per registrare in un micro-glossario una manciata di appunti sparsi.
Campagna contro l’analfabetismo femminile. Grandi manifesti con tre ragazzine sorridenti, “Toutes les filles à l’école”.
Cani. Dopo parecchi giorni di Benin mi sento in grado di dire che qui i cani sono tutti uguali: taglia media, pelo corto, lunga coda, muso aguzzo. Anche cromaticamente variano poco: o sono biondi, magari con l’estremità della coda bianca, o appena beige (quello che per i cani di razza verrebbe definito champagne) o bianchi a chiazze.
Numeri sacri. 41, ma anche 7 e 141.
“On m’appelle Marie”. Così si presentano le ragazze che durante le vacanze lavorano come apprendiste nel ristorantino della Maison de la Joie: mi chiamano Marie (nome d’uso, cattolico, non necessariamente è il mio vero nome).
Parrucchieri. Nomi captati al volo: Patience, Espérance, Espoir.
Taneka. Hanno un’unica divinità: Tyensawa, il “capo di tutte le cose”.
Tessuti. I curiosi percorsi dei tessuti: i migliori dall’Olanda a 35-40 mila CFA les trois paignes (6 metri circa), i più scrausi dalla Cina (“ils cassent le marché ces chinois” dixit Justine) a 5.000-5.500. La star tra le stoffe della migliore qualità è Vlisco, veritable wax hollandaise, since 1846.
(foto: attorno alla pesca, Awalé Plage, Grand Popo)
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