Ogni giorno a Tikal un centinaio di turisti provenienti da tutto il mondo celebra una sorta di rito mistico collettivo: dai gradini della piramide n° IV, la più alta di Tikal, con i suoi 64 metri, si assiste al risveglio della foresta e del sito archeologico. Il sole non si vede, ogni cosa è avvolta nella bruma che lentamente scopre la selva e fa apparire e scomparire i templi in lontananza. Tutti gli animali salutano il giorno gridando o, forse, chissà, cantando a modo loro (a meno che non stiano semplicemente sbadigliando, ma, in questo caso,alla faccia degli sbadigli). L’insieme dei suoni produce uno strano fenomeno: la cacofonia apparente diventa musica e rende tutti i presenti muti. Sarà che siamo partiti alle 4.30 e che abbiamo marciato 40 minuti nella giungla, anche se mi piace pensare che sia semplicemente, e, per una volta, meno cinicamente, la maestà dello spettacolo, fatto sta che il rito zittisce tutti per almeno mezz’ora. E, probabilmente, questa è, in un certo senso, la più grande delle magie.
Solo dopo che piramidi e templi si sono fatti completamente visibili, arrivano le guide a dividerci in gruppo, secondo l’agenzia e/o la lingua. Così seguiamo Neftali alla scoperta di un’altra parte di Tikal, il bellissimo Mondo Perdido e la piazza dei Sette Templi.
Nel pomeriggio, sempre insieme a Neftali, siamo gli unici turisti a visitare Uaxactun. A quanto ci dice la nostra guida, la cittadina, che vanta 4000 anni di storia, era un po’ “la Nasa dei Maya”, il luogo dove risiedevano scienziati e astronomi e il più preciso, se non il più importante, osservatorio astronomico del mondo maya. Preferisco pensare che alcune monarchie maya abbiano in qualche modo saputo anticipare in epoca preclassica qualcuno dei concetti della “Repubblica” di Platone. Chissà.
Il complesso delle rovine è meno imponente di Tikal ma possiede una sorta di aura mistica, come un po’ tutti i centri religiosi, a qualsiasi civiltà appartengano e in qualsiasi latitudine si trovino. Anche solo la calzada, la strada che conduceva alla piazza principale, nella quale non resta alcuna vestigia, e che oggi è solo una sorta di radura longilinea con qualche maestoso albero che crea una volta protettiva, emana un fascino sovrannaturale.
(nella foto: vestigia maya a Uaxactun)
2 commenti:
vabbè, hai ragione, potrei leggere senza commentare.
però quanto mi piace commentare, anche senza dire nulla come in questo caso. e in altri nei quali magari sono convinto di aver detto qualcosa...bonne soirée ri-cara v. bonaventura.
p.s. hai vinto tu, farò un viaggio in guatemala.
no, no, querido, commenta, che in mezzo a questo nero ci si sente tanto soli.
e, wow, non pensavo di essere così convincente: un viaggio in guatemala sulle mie tracce? son cose.
Posta un commento