27 settembre 2007

Tsarang, 9 agosto 2000

«Dicono che se si riuscisse a viaggiare alla velocità della luce, non si invecchierebbe. Si resterebbe uguali a se stessi, mentre l’universo fugge verso il passato. Forse è per questo che viaggiamo». Così Carlos Franz, in “Dove una volta c’era il Paradiso”. Sembrava una frase bellissima. Eppure, ora, c’è qualcosa che mi stona. Non ho mai fatto un viaggio più bello di questo, a piedi, perciò vicino alla minima velocità possibile. Camminare è uno strano sport: invece di farti assaporare più lentamente, dunque con il giusto ritmo, quello che ti passa attorno, ti costringe a un rapporto più stretto con le tue emozioni. Così finisce per diventare un acceleratore di sensazioni. Come se i profumi diventassero più profumati, le felicità più felici e i dolori più dolorosi.
A proposito di dolori, l’influenza di Roberta, il mal di montagna dell’altra Roberta, le scottature e i disturbi intestinali di Emanuele e di Carlo (il bell’architetto) non accennano a migliorare. Così, sulla strada per Tsarang, facciamo una sosta all’ospedale giapponese di Ghemi, attivo da circa un anno. È un edificio carinissimo, un po’ sperso in un’area quasi desertica, se non fosse per il muro mani più lungo del Nepal che comincia poco prima dell’ingresso. Le pareti a calce sembrano quasi urlare “che ci faccio qui?” e il giardino centrale, con le aiuole a disegni e scritte pare uno scherzo della natura. Però i medici ci sono e visitano, uno dopo l’altro, attentamente, i nostri malatini, prescrivendo cure e vendendo loro stessi i medicinali del caso.
Finito il check-up si riprende, costeggiando il muro mani sulla sinistra come s’ha da fare, per una delle passeggiate meno faticose e più lunghe dell’intero trekking. Il deserto tra Ghemi e Tsarang pare non abbia mai fine, se non quando il sentiero comincia a inerpicarsi e, dall’alto dell’ennesimo valico, si scorge la terra promessa: orti, mura, abitazioni e onde rosa di grano saraceno. Ha inizio l’interminabile discesa alla città, irraggiungibile come un miraggio.


(nella foto: onde rosa di grano saraceno, www.nepalhiking.com)

2 commenti:

Gianluca ha detto...

è per questo che amo camminare. ciao cara v.

virginie ha detto...

:)

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