Giornata strike, oggi. Stamane a Pashupati, posto denso di magia, dove gli indù cremano i loro morti lungo le rive del fiume Bagmati, affluente del Gange. Carlito e io abbiamo assistito a una cremazione: la preparazione del cadavere, l’incenso bruciato a mazzetti, le corone di fiori gialli e arancioni, soprattutto arancioni, posate sul corpo. Poi l’uomo che fu (sono certa che si tratti di un uomo, non so perché) viene trasportato su una pira già pronta (nella foto). I fiori vengono gettati nel fiume, così come parte dei teli, ancora una volta arancioni, che lo ricoprono. Fasci di paglia vengono bagnati nel Bagmati e poi collocati sopra il cadavere. Il fuoco viene appiccato sotto la pira e, in parte, anche alla paglia che copre il corpo.
Un denso fumo scuro si alza dalla pira e si dirige verso destra, cioè verso il ponte. Venendo dal tempio d’oro riservato agli indù, a sinistra del ponte, ci sono le cremazioni dei ricchi e delle celebrità, a destra quelle della gente comune. Quella cui abbiamo appena assistito era senza dubbio una cremazione ricca.
Scendiamo verso il tempio di Batchhla Dev, con le sue sculture erotiche intagliate, ma fuggo presto e riattraverso il fiume: sono sottovento e mi arrivano addosso i fumi della pira. Sul lato opposto del Bagmati decine, o forse centinaia, di tempietti. Ciascuno di essi contiene un lingam in pietra, ovvero un pene, di Shiva (Pashupati è uno dei tanti nomi di questa divinità). Davanti a ciascuno di essi giace una statuetta del toro Nandi, cavalcatura del dio in questione, accovacciato; e pazienza se tutti questi animaletti più che tori sembrano tapiri. Davanti o di fianco a ciascuno di essi, o quasi, è seduto o sdraiato un saddhu, un santone rosso-arancio vestito che in genere passa il tempo a tirare sui chilum e a farsi fotografare dai turisti, scarsi, in cambio di qualche rupia. Per una volta i saddhu non sono particolarmente insistenti, forse sono stremati dal caldo.
Più tardi approdiamo a Bouddhanath, sorta di enclave tibetana nella valle di Katmandu. Il sito è dominato da un grandioso stupa, il più grande del Nepal (V sec. a. C., almeno secondo la leggenda), con gli occhi di Buddha che ti osservano da ogni lato. Attorno belle case e palazzi a volte bellissimi accolgono ogni sorta di commercio. L’artigianato in vendita è tipicamente tibetano, dunque non mi lascio incantare più di tanto: tra poco passeremo in Tibet un’intera settimana. Comunque Bouddanath ha una sua curiosa magia e, malgrado i commerci imperanti, anche un suo fascino mistico. Ed è uno dei luoghi che preferisco al mondo, sa dio perché.
6 commenti:
cremazioni ricche e povere, già, che stupido a non pensarci. poi dici, "sa dio perché" ti affascini quel posto, cioè lo sai tu, mi viene da dire.
comunque, senza farla lunga...nel Gange ha voluto fossero disperse le sue ceneri uno dei musicisti che amo di più, Charles Mingus (vedi il libro Tonight at noon, scritto dalla vedova Sue Graham Mingus). baci cara v.
Era indù Mingus? Perché se no, dal mio punto di vista mistico, era solo uno che si lasciava suggestionare; come capita un po' a tutti, insomma.
Mingus era smodato in tutto. Sebbene il libro non sia focalizzato sulla religiosità, posso dire che era un misto di animismo retaggio africano, momenti di follìa e protesta razziale, fino a morire di sclerosi laterale a Cuernavaca cercando il miracolo in una guaritrice, Pachita. Insomma, tutto fuorché Indù. Un panteista, azzarderei.
ah, nella fretta ho dimenticato che, ovviamente, era immerso nel cristianesimo "gospel" delle comunità nere, che spesso sconfinava nello stregonesco, per sua stessa ammissione...ah, la tua ammissione del "punto di vista mistico" ti ha fatto, di colpo, guadagnare migliaia di punti :)
ciao mia cara v.
ne avevo bisogno?
per niente, ma così hai polverizzato tutti i record(s).
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