17 ottobre 2007

Jomsom, 17 agosto 2000

Jomsom, lontana e sola. La discesa da Muktinath è cominciata tardi. Anzi, tardissimo, visti i ritmi che sono ormai un’abitudine per noi: alle 10 passate. Dopo, cioè, che abbiamo visitato quella specie di santuario, sacro agli induisti come ai buddisti, che sovrasta il villaggio e che fa di questo borgo semisperduto un’importantissima meta di pellegrinaggi. Ci sono persone che partono dall’India profonda, a piedi, naturalmente, per salire lassù a pregare. Terminato il doveroso giro dei gompa (i templi) si inizia a scendere dolcemente. Dopo una mezz’oretta di cammino ci imbattiamo, nell’ordine: 1. in una troupe cinematografica (o televisiva) di tedeschi, 2. in una comitiva di bergamaschi tra cui si cela il libraio di Roberta. I segni del nostro ritorno alla civiltà sono ormai tanto preoccupanti quanto evidenti. Ma proseguiamo, il cuore leggero.
A un certo punto del percorso, tra la via Emilia e il bar grossomodo, Francesca, Carlito e io siamo adottati da tre bambine. Impossibile per noi memorizzare i loro nomi. Quanto alle età che hanno dichiarato, in un inglese scheletrico, ci sembrano improbabili: 10, 12 e 13 anni. Sembrano molto, molto più giovani. Comunque è stato uno dei momenti più belli del viaggio. Quella che ha scelto di prendere per mano me è la piccola, una teppa superintelligente e simpaticissima. Ha cominciato a intendersi con Francesca a fonemi e dai “mamama”, “papapa” e “tatata” è nata una prima musica a sei, destinata a trasformarsi poi in vera e propria corale. Oltre al solito similinno nazionale nepalese, “Resham Phiriri”, siamo riusciti a esibirci in un “Fra’ martino” bilingue: “Cin cion bell, cin cion bell”.
Arrivati alla tappa intermedia, le bimbe si fermano a pranzare con la mamma e noi tre proseguiamo. Arranchiamo per arrivare a Kagbeni, ma il premio è dietro l’angolo: Jomsom è là, a portata di vista. Malediciamo il Khali Gandhaki, inguadabile perché ha troppa acqua e riaffrontiamo i saliscendi tra le rocce. A ogni altura, controlliamo. E Jomsom è sempre là, sempre alla stessa distanza, sempre lontana e sola.


(nella foto: l'immenso rullo di preghiera all'entrata del tempio di Muktinath. Contiene 100 milioni di mantra; www.muktinath.org)

3 commenti:

Gianluca ha detto...

i segni della civiltà, già...la maternità, già...i nostri racconti formano un'immagine di noi. visti da lontano se ne scorge la traccia.

virginie ha detto...

un giorno questa me la spieghi

Gianluca ha detto...

va bene, prometto. comunque preparati, c'entra Borges...baci cara v.

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