Pinocchietto e io siamo abituati a viaggiare soli. Così, anche se questa volta tutto è stabilito in anticipo e organizzato da Viaggi&Miraggi, il nostro gruppo è composto solo da noi due. Tuttavia le regole del turismo responsabile prevedono un incontro pre-partenza e qualche giorno fa abbiamo incrociato via Skype gli italiani che partiranno per il Benin più o meno nel nostro stesso periodo. E, soprattutto, la loro guida: Flavio. Flavio è, insieme alla moglie Thérèse, beninoise, e all'amica Justine, l'ideatore e l'anima della Maison de la Joie, il luogo dove trascorreremo la maggior parte delle nostre notti in Benin, la sua casa a Ouidah e la casa di una ventina di bambini "prestati". La tradizione beninoise di inviare i propri figli presso parenti più benestanti perché possano avere un futuro migliore si è trasformata in un commercio di bambini schiavi, così Flavio, Thérèse, Justine e i loro amici hanno liberato alcuni di questi bimbi accogliendoli nella loro casa-famiglia. Oggi alla Maison de la Joie vivono una coppia (Justine e il marito Christian), una trentina di ragazzi (compresi i figli di Christian e Justin) e cinque signore che lavorano nel ristorantino aperto dalla Maison. La casa si mantiene con contributi privati, adozioni a distanza e con i proventi dei viaggi di turismo responsabile.
Dal computer esce la voce di Flavio e già mi piace. Intanto è bella e io sono sempre stata sensibile ai bei timbri. Poi il ragazzo (l'uomo, piuttosto, siamo coetanei) è dannatamente simpatico. Racconta un sacco di cose: di sé, della Maison, del Benin, fornisce informazioni pratiche, regala una manciata di sogni, spazza il campo dalle illusioni (per esempio: voi siete bianchi, dunque portafogli ambulanti agli occhi dei beninois). Dice che è un viaggio tosto, poi che il Benin ha una popolazione di 7-11 milioni di abitanti (i dati ufficiali sono restati a sette milioni e mezzo), il 40% dei quali ha meno di 14 anni. Parla del cibo e sostiene che la cucina beninoise è la migliore dell'Africa occidentale (l'igname la fa da padrone). Parla più pudicamente di Thérèse, del battesimo di sua figlia: si dispiace perché Pinocchietto e io non potremo assistervi, la piccola sarà battezzata il 15 agosto e noi quel giorno saremo lontani da Ouidah, nel nord del paese, a visitare le Tata Somba, sorta di fortini-castello in argilla e paglia (Flavio mi pare abbia detto anche sterco, il che è verosimile, ma nessuna delle tre guide che ho consultato ne fa menzione. Potrebbe essere una forma di autocensura da pudore: agli occidentali l'idea non può che far ribrezzo). Il 14 dormiremo all'interno di una Tata Somba e, secondo Flavio, è un'esperienza bellissima. Poi ve la racconto.
(nelle immagini, dall'alto: la Maison de la Joie a Ouidah e una Tata Somba)
3 commenti:
ehi smarrita, come è andato il viaggio? Ricorda che se ti serve una guida in Burkina Faso io ci sono! :-)
La sindrome di Babbo Natale
Nel leggere queste note di viaggio mi ritorna in mente "La città della gioia" di Dominique Lapierre, lì dove confrontava gli sfruttatori dei disperati di Calcutta e quelli che volevano intepretare la parte di Babbo Natale, aiutando disinteressatamente i poveri. Egli diceva che lo sfruttatore aiutava i suoi concittadini molto più del Babbo Natale.
Peronalmente lo interpreto nel senso che lo sfruttamento dei boss locali, sistemico e ripetibile, consentiva a molte persone di sopravvivere, pur in stato di perenne inedia. L'intervento del babbo natale, estemporaneo e non sistemico, era tutto sommato irrilevante.
Mi è rimasta la sensazione che il miglior dono che l'occidente possa fare all'oriente è levarsi dai coglioni.
Attenzione a non cadere nella sindrome di babbo natale.
un saluto
@ dontyna: il viaggio mi ha strappato il cuore, ma non so se sarà questo che vi racconterò (lo scopriremo solo leggendo)
@ truman: sì, no, so, forse. levarsi dai coglioni sarebbe ottima cosa ma non è certo quanto accade: pensa al petrolio e alla nigeria, per fare un esempio a caso. il discorso è supercomplesso e in uno spazio così piccolo si possono dire solo fregnacce, ma, in compenso, le tue riflessioni non riguardano affatto la Maison de la Joie, che è un'Ong gestita da beninois, se, pure, messa in piedi da un italiano.
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